Ipovisione, la Guida completa (parte prima): la retina, la condizione di ipovedente e le implicazioni psicologiche

La Retina. La retina riveste insieme all’epitelio pigmentato e alla coroide l’interno dell’occhio. È una struttura estremamente complessa formata da milioni di cellule (fotorecettori) sensibili alla luce: i coni recepiscono i particolari delle immagini e i colori, mentre i bastoncelli sono deputati al contrasto tra chiaro e scuro e al movimento degli oggetti. La retina presenta una elevata specializzazione funzionale: la parte centrale, la macula, è responsabile della visione centrale, permette cioè di distinguere i dettagli più fini delle immagini e di riconoscere i colori. Al centro della macula, la fovea è responsabile dell’acutezza visiva, cioè della percezione dei dettagli più piccoli (lettura). Le parti più esterne della retina sono invece responsabili della visione laterale o periferica e permettono di vedere tutto ciò che si trova attorno al punto che si sta fissando. L’occhio, i cui movimenti sono controllati da sei muscoli, si trova avvolto nel tessuto adiposo dell’orbita. Compiendo movimenti a scatto (detti di fissazione) piuttosto lunghi, l’occhio può fissare uno schermo o leggere la pagina di un libro; i movimenti brevi, percepibili come un continuo tremolio, consentono di mantenere la fissazione dell’immagine sulla retina.

La condizione di Ipovedente. La condizione visiva dell’ipovedente è quella di una persona che, seppure non totalmente cieca, ha subito una tale riduzione della funzione visiva da risentirne pesantemente nella vita quotidiana. Pur conservando una residua acuità visiva, l’ipovedente ha subito un grave ed irreversibile danno funzionale (menomazione), che implica un impedimento (disabilità) a svolgere compiti che richiedono una certa capacità visiva: lettura e scrittura, guida, utilizzo di computer e Tv, ecc. La disabilità provoca un certo grado di disagio sociale (handicap), che può variare molto da individuo a individuo, secondo l’età, le attitudini, il carattere, il tipo di lavoro. Poiché la funzione visiva è rappresentata in primo luogo dalla acuità visiva e dal campo visivo, vari deficit dell’ipovisione ostacolano e complicano l’attività di orientamento e mobilità. Per meglio comprendere le difficoltà di un ipovedente è bene ricordare altre importanti funzioni: visione al buio, discernimento dei colori, visione stereoscopica, sensibilità all’abbagliamento. Anche se un ipovedente è in grado di distinguere le forme, la vicinanza o meno di un oggetto, la luce e l’ombra, tutto ciò non gli permettedi riconoscere adeguatamente le informazioni visive: può riconoscere un cartello stradale, ma non riuscire a leggerlo, può non vedere in tempo un ostacolo o restare abbagliato da una luce improvvisa. La percezione imprecisa e incostante della realtà visiva fa sì che l’ipovedente abbia un rapporto incerto con l’ambiente e che proceda, nelle azioni, per tentativi ed errori. Il ricorso alla riabilitazione visiva, fatta di esercizi e di ausili ottici che permettono di sfruttare al massimo la potenzialità visiva residua, permette di migliorare notevolmente le condizioni dell’ipovedente nei rapporti sociali, nella scuola, nel lavoro, consentendogli una completa integrazione nel mondo sociale.

Implicazioni Psicologiche. La qualità della visione può essere valutata secondo tre criteri. Menomazione visiva: perdita parziale o completa di specifiche funzioni visive che si possono misurare tramite test clinici. Disabilità visiva: menomazione visiva consistente nella perdita, parziale o completa, di normali capacità funzionali correlate con la visione. Handicap visivo: la disabilità implica per l’individuo l’impedimento nelle attività quotidiane. Se il grado di disabilità è legato alla particolarità del danno visivo, alle aspettative del paziente e al suo disagio psicologico, il tipo di handicap non corrisponde necessariamente al tipo di disabilità. Infatti, alcune variabili quali bisogni, retroterra culturale o coinvol-gimento sociale e professionale possono incidere notevolmente sulla tipologia dell’handicap. L’ambiguità della condizione degli ipovedenti, né ciechi né normovedenti, può causare meggiori difficoltà psicologiche rispetto ai ciechi assoluti, poiché essi devono combattere contro pregiudizi che rendono sovente difficile la loro integrazione nel mondo dei normodotati. Per questo una reale consapevolezza della malattia può facilitare un intervento psicologico di sostegno e permettere di ottimizzare il residuo funzionale.

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Fonte: A cura di Luigi Fusi – www.luigifusi.it

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